LORNA SHORE – il concerto del 24 novembre all’Alcatraz di Milano nel nostro live report!

LORNA SHORE – il concerto del 24 novembre all’Alcatraz di Milano nel nostro live report!

DISTANT + INGESTED + RIVERS OF NIHIL + LORNA SHORE  

Alcatraz 24 novembre 2023 – Milano

Parole di Gabriele Padoa
Foto di Davide Sciaky

Nel giorno del Black Friday la comunità metal milanese (e non solo), anziché dedicarsi allo shopping pre-natalizio, decide di ritrovarsi all’Alcatraz di Milano per l’unica tappa italiana del tour europeo dei Lorna Shore. E, come vedremo, la scelta si rivelerà azzeccata. Cominciato a inizio novembre, il tour porta il nome del loro ultimo album, Pain Remains, e in molte città sta facendo registrare il sold out. I compagni di viaggio scelti per l’occasione sono importanti realtà del panorama deathcore, come Distant, Ingested e Rivers Of Nihil. Quando entriamo alle 18.30, subito si capisce che la serata promette bene. L’Alcatraz è già bello pieno, l’atmosfera è elettrizzante, il palco è posizionato in fondo al locale, come per le grandi occasioni e, cosa più importante, non ci saranno i problemi tecnici che avevano caratterizzato lo show dei Thy Art Is Murder qualche settimana fa nello stesso locale.

I Distant sono i primi a salire sul palco e a loro è affidato il compito di iniziare a scaldare gli animi, obiettivo che riescono a raggiungere senza difficoltà. La band composta da membri olandesi e slovacchi sorprende per la maestosità e la potenza del suo deathcore. La loro musica è un viaggio in luoghi inesplorati e lontani, che si ispira a quello che loro stessi definiscono horror cosmico. La maggior parte dei brani è tratta dal loro ultimo bellisimo Heritage, che nella title-track vede il featuring proprio di Will Ramos. Non mancano poi pezzi tratti da Aeons Of Oblivion, e uno da Tyrannotophia. La loro performance è diretta, grintosa e coinvolgente. Il loro deathcore ha un taglio moderno, che affianca breakdown e guttural violenti a sezioni rapide e tecnicamente validissime, con assoli cristallini, blast beat veloci e una martellante doppia cassa. Peccato per chi non ha fatto in tempo a sentirli.

“Siamo gli Ingested, veniamo dal Regno Unito e questa sera vogliamo vedere le vostre ossa del collo rompersi e raccogliere da terra le vostre anime.” Con queste minacciose parole sale sul palco la seconda band, ed è probabile che qualcuno tra il pubblico prenderà alla lettera il suggerimento, visto il corposo moshpit che accompagnerà tutta la loro esibizione. Il gruppo inglese è stato spesso presente dalle nostre parti e tutte le volte regala uno show straordinario. Al di là della performance musicale, il frontman Jason Evans, The Slam King, riesce a creare una notevole empatia con il pubblico, arrivando anche a trascinarlo in circle pit e wall of death e a far partire un happy birthday per una ragazza presente nel pubblico. L’impostazione di base del loro sound rimane un deathcore dalle influenze slam, dove però trovano spazio anche componenti black. Nell’ultimo album, Ashes Lie Still, c’è stata una maggiore attenzione nella composizione dei riff e nella costruzione dei breakdown, in passato realizzati in maniera un po’ più grezza. Ne sono un esempio le canzoni suonate durante la serata, Shadows In Time e Echoes Of Hate, cui si aggiungono brani più vecchi, come Skinned And Fucked. Sia dal false chord di Evans sia dalla batteria di Lyn Jeffs si evince come la formazione abbia un solido background death. Alla fine, il pubblico avrebbe sicuramente gradito un’esibizione più lunga.

La pausa per il cambio strumenti permette di rifiatare in questa corsa senza freni ed è la volta della terza band in scaletta, ovvero i Rivers Of Nihil e qui il discorso si fa un po’ più complicato. Se le qualità della band inglese sono fuori discussione, e nel corso degli anni hanno sempre migliorato il loro sound, grazie alla sperimentazione che li ha portati ad aggiungere elementi post metal e jazz (con tanto di sax), la loro collocazione in una serata del genere sembra un po’ fuori contesto. La loro musica è complessa e richiede un coinvolgimento totale da parte dell’ascoltatore e quindi non ha quell’effetto impattante sul pubblico come hanno invece gli altri gruppi del concerto. Le loro lunghe canzoni richiederebbero un ascolto più attento e profondo e sembrerebbero più adatte ad accompagnare altre band più affini a loro, come già accaduto in passato con Soreption, Archspire e Revocation. Privi da oltre un anno del loro cantante Jake Dieffenbach, le parti vocali sono affidate al bassista Adam Biggs, aiutato per le sezioni in pulito dal chitarrista Brody Uttley. Lavoro egregio, ma si nota la mancanza di un frontman di razza e così l’esibizione alla fine risulta un po’ distante, anche se ormai il pubblico è talmente caldo da non far mancare neanche in questa occasione vigorosi moshpit. La scaletta inizia con The Silent Life e termina con Where Owls Know My Name, per abbracciare nel mezzo brani appartenenti a tutta la discografia del gruppo della Pennsylvania.

Quando gli headliner salgono sul palco, l’Alcatraz è ormai colmo come un uovo. I Lorna Shore entrano sulla scena in maniera trionfale, accompagnati dalle grida di tripudio del pubblico e possono contare su un bel gioco di luci e qualche effetto speciale, come i fuochi sparati da sotto il palco, che però non distraggono dalla vera protagonista dell’esibizione, la musica. La scaletta si concentra ovviamente sull’ultimo album, Pain Remains, dal quale alla fine saranno tratte sette tracce. Già l’iniziale Welcome Back, O’ Sleeping Dreamer fa capire come Will Ramos e compagni siano in stato di grazia, contentissimi di esibirsi finalmente in Italia da headliner, come lo stesso cantante sottolinea. Si prosegue con Of The Abyss, che permette di apprezzare l’ampio range di Ramos e …And I Return To Nothingness, evocativa e melodica. Entrambe sono prese dall’EP del 2021, che è stato il punto di partenza per arrivare al full-length Pain Remains. Si torna ad esso con Sun/Eater, adrenalinica e potente e con Cursed To Die, un incontro tra il sound aggressivo e rapido e quello più atmosferico. L’esibizione è stellare, tecnicamente ineccepibile e travolgente. Il sound prodotto dal vivo è molto simile alla registrazione in studio, tanto da rendere ben distinguibili sia gli assoli del chitarrista Adam De Micco sia le sezioni di batteria di Austin Aurchey, una vera e propria macchina da guerra. Si procede con Immortal, tratto dall’omonimo album del 2020, quando il cantante era ancora CJ, Into The Heart e To The Hellfire. Il culmine della loro performance, anzi di tutta serata, lo si raggiunge con l’encore di Pain Remains, vale a dire le tre parti della title track che raccontano l’attrazione per qualcuno che si ha perso (Dancing Like Flames), il desiderio di sparire (After All I’ve Done I’llDesappear) e il superamento del senso di colpa (In A Sea Of Fire). Dopo quasi un’ora e venti, termina l’esibizione di Ramos e compagni, che ripagano l’entusiasmo del pubblico con una performance dove non hanno risparmiato energie neanche per un secondo.

Una serata perfetta, dove tutte le band hanno fatto la loro parte e che gli amanti del deathcore ricorderanno a lungo.

Emanuele Biani

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