STRANGER VISION – l’analisi track-by-track del nuovo album “Wasteland”

STRANGER VISION – l’analisi track-by-track del nuovo album “Wasteland”

STRANGER VISION
“WASTELAND”
(Pride & Joy Music)
Parole di Antonino Blesi

Gli italiani Stranger Vision nascono nel 2019 con intenti assai chiari e ambiziosi, che si potrebbero riassumere citando come loro stessi hanno deciso di presentarsi: “Il nostro obiettivo è quello di creare e realizzare una visione e un suono estremamente personali. Musica orecchiabile, ma non banale. Magniloquente, ma non pacchiana. Tecnica, ma non complessa. Moderna, ma non ruffiana. E potente, soprattutto”. Se pensiamo alla musica, arrivano alti riferimenti come l’intensità drammatica dei Savatage, le evoluzioni ritmiche progressive dei migliori Symphony X, ma anche innesti melodici che vanno dal graffio metallico dei Blind Guardian alla raffinatezza armonica dei Queensrÿche. Il tutto viene evocato come colonna sonora di testi profondi e ispirati dalle scienze umane, con particolare riguardo alla letteratura, alla poesia e alla filosofia, che dopo il ben accolto esordio Poetica del 2021 vede una rinnovata sublimazione in questo atteso Wasteland. Il nuovo disco narra un concept album che celebra, a cento anni esatti dalla sua prima pubblicazione, l’omonimo poema di Thomas Stearns Eliot, pubblicato nel 1922 e considerato uno dei grandi capolavori della poesia moderna. La Terra Desolata è contemporaneamente la Terra Guasta dei poemi epici medievali – cioè un territorio privo di vita, sterile e mortale che i cavalieri devono attraversare per arrivare al Graal – e il mondo moderno, caratterizzato dalla crisi della civiltà occidentale, giunta forse al termine del suo percorso. Sono passati pochi anni dalla fine di una prima guerra mondiale, un’inutile e folle strage che aveva portato via milioni di vite e ridotto quasi alla bancarotta le grandi nazioni europee. La narrazione del concept album cerca di narrare una storia collettiva divisa in diversi capitoli, che viaggia tra tempi e personaggi diversi, cercando una sorta di continuità più filosofica che romanzesca. Ma ora ci addentreremo in un discorso marcatamente musicale, affrontando insieme i dodici capitoli in cui è suddiviso Wasteland. Come il precedente Poetica, l’album è stato registrato al Domination Studio di San Marino, mixato e masterizzato da Simone Mularoni. L’artwork invece è stato disegnato da Gustavo Sazes (Angra, Firewind, Cyhra).

stranger vision cover

AT THE GATES
Una breve introduzione strumentale che suona subito drammatica, quasi apocalittica, grazie ad un clavicembalo che opera in modo ritmico e inquietante e viene sovrastato da una grande sinfonia di suoni e sensazioni.

WASTELAND
Tornando per un attimo al 2020, una grande soddisfazione per gli Stranger Vision è stata la vittoria all’Imagination Song Contest, il concorso a premi organizzato dai Blind Guardian che ha visto musicisti da tutto il mondo interpretare alcuni dei più famosi brani della band, votati da una giuria composta dai fan e dalla stessa compagine teutonica. E la band decide di giocarsi subito il jolly ospitando nella turbinosa title track la voce unica di Hansi Kürsch, che apre la prima strofa del brano con fare dirompente e ben accompagnato da un comparto strumentale esaltante. Questo grazie alla sontuosa chitarra di Riccardo Toni ed alle tastiere mai invasive, che invece arricchiscono con sapienza lo spessore del suono della band. Il ritornello entra subito in testa e malgrado le alte velocità è destinato a diventare un grande classico da suonare in concerto e uno degli “inni” degli Stranger Vision.

HANDFUL OF DUST
Mid-tempo molto raffinato, dove le chitarre accarezzano nelle strofe e poi accompagnano con grinta le evoluzioni della voce di Ivan Adami, che ci ricorda affettuosamente il timbro di Zak Stevens. Aumentano così le similarità con i Savatage che saranno ben presenti in diverse canzoni del disco, pur se rielaborate con maturità ed eleganza dal gruppo italiano. Un intermezzo pianistico posto a metà brano introduce un assolo chitarristico struggente e molto vicino al mito di Criss Oliva, rendendo così più consistente un ritornello arioso, quasi leggero. Nel finale tornano dei contrappunti di pianoforte di grande suggestione.

THE ROAD
Voci filtrate e un ritmo sostenuto e incalzante ci portano in una atmosfera asciutta e moderna, dove i musicisti usano la loro grande tecnica per regalare emozioni, nel tentativo riuscito di provare a portare avanti uno stile che qui diventa più personale e originale, per una canzone che ha bisogno di più ascolti per essere assimilata al meglio.

ANTHEM FOR DOOMED YOUTH
Il brano più lungo del disco, che tocca quasi gli otto minuti di durata e viene sostenuto da malinconici accordi di pianoforte, trasformandosi e cambiando continuamente durante l’ascolto. Le evoluzioni vocali e corali riportano direttamente a Chance (tornano i Savatage), anche in un prosieguo strumentale di grande effetto dove ancora la chitarra di Toni emerge, insieme al poderoso supporto ritmico del batterista Alessio Monacelli. La sensazione è che si poteva lavorare ancora di più sulla struttura del pezzo, rendendolo ancora più articolato e “ricco”.

DESOLATE SEA
Linee vocali grintose e aggressive si inseriscono in un tessuto ritmico potente e ritmato, il tutto lanciato verso un coro immediato e di grande suggestione. Esaltano sempre gli incroci strumentali tra tastiere, chitarra e batteria, ma la parte del leone è recitata da un ritornello possente e urgente, che riesce a unire metal classico a una modernità tutt’altro che banale o scontata.

UNDER YOUR SPELL
Formalmente una ballata introspettiva e ricca di influenze progressive rock, con un vago tocco di Queensrÿche soprattutto quando Ivan Adami utilizza un pastoso timbro basso. I toni si alzano in un coro emozionale, che riesce a essere intenso senza risultare zuccheroso. Chitarra sempre sontuosa e piccoli tocchi di raffinatezza che rivelano una grande maturità sia compositiva che esecutiva. Suoni sempre impeccabili.

FIRE
Un roccioso tempo medio che avvolge senza colpire al cuore, per difetto di un ritornello un po’ troppo anonimo e insistito, senza nessun guizzo particolare da segnalare.

NEVERENDING WAVES
Strumentale ben congegnato che si muove tra sonorità potenti e barocche ed evoluzioni neoclassiche, dove tastiere e chitarre duettano con grande affinità e intensità. Un piacevole interludio ancora dominato dalla maestosa perizia tecnica alle sei corde di Riccardo Toni.

THE DEEP
Ancora una partenza in cui chitarra e tastiere duettano in un inizio lento e vicino ai migliori Savatage, per poi levarsi in un brano evocativo e ritmicamente articolato, dove quel qualcosa in più a livello drammatico e di pathos viene fornito dal contributo vocale di Tom S. Englund (Evergrey, Redemption). La melodia è ancora baciata da un pianoforte suggestivo mentre l’alternarsi tra le voci di Ivan e Tom funziona alla grande, sfornando un altro ritornello da incorniciare. Da brividi anche il relativo video musicale.

THE THUNDER

Una strofa serrata e la voce rabbiosa lasciano il posto ad una inaspettata apertura melodica, che porta ad un coro armonioso ma sempre dinamico, in cui prosegue la ricerca dei Stranger Vision di abbinare in modo perfetto potenza, eleganza e immediatezza. In brani come questo, il precedente The Deep e The Road si percepisce più che in altri la ricerca di una personalità spiccata, unica e proiettata verso il futuro. Comparto strumentale sempre da urlo e lavoro spettacolare di Riccardo Toni negli assoli, dove tornano ancora echi dell’immenso Criss Oliva.

PEACE – THE MAD JESTER AND THE FISHER KING
Chiusura interlocutoria per due minuti acustici cullati da un pianoforte sempre emozionante, in cui si alternano parti narrate di varie voci in diverse lingue e una melodia vocale malinconica e quieta. Arrangiamenti essenziali ma di grande eleganza.

Concludendo, questo Wasteland rappresenta un grosso passo in avanti per gli Stranger Vision, un album maturo in cui si notano ancora alcune influenze ingombranti (Savatage su tutti) ma anche la volontà di perseguire uno stile che sia originale e proiettato nel futuro. Melodie di grande effetto e parti strumentali sontuose completano un disco da ascoltare. A livello emozionale si può fare ancora di più. Promosso!

Emanuele Biani

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