POLYPHIA – il concerto del 23.05.23 all’Alcatraz di Milano nel nostro live report

POLYPHIA – il concerto del 23.05.23 all’Alcatraz di Milano nel nostro live report

POLYPHIA + JOHAN LENOX
Milano, Alcatraz, 23 maggio 2023

Parole e foto di Davide Sciaky

Martedì 23 maggio i Polyphia sono tornati in Italia per il loro secondo concerto di sempre nel nostro Paese. La prima volta, nel 2017, erano una giovane band al secondo disco che suonava in un piccolo locale a Calenzano.

Oggi, raggiunto il traguardo del quarto album, i quattro texani si sono conquistati un posto di rilievo nella scena. Il risultato è che dopo essere stati annunciati al Santeria di Milano, le rapide vendite dei biglietti hanno convinto il promoter a spostare il concerto sul palco principale dell’Alcatraz. Scelta azzeccata dato che lo show è andato sold out in prevendita, e quindi non sono stati disponibili biglietti in cassa.

Ad aprire il concerto abbiamo trovato Johan Lenox, musicista e produttore forse più noto proprio nel ruolo di produttore di artisti come Kanye West, oltre che degli stessi Polyphia. Probabilmente è stata più questa collaborazione e fargli guadagnare il ruolo in apertura, dato che musicalmente Lenox non ha nulla a che fare con gli headliner.

Accompagnato da tre musicisti mascherati, due violinisti e uno che si alterna tra un computer portatile e una chitarra, Lenox suona musica di matrice Hip Hop con elementi di Trap e Pop che con i Polyphia ha veramente poco da spartire. Dopo vari pezzi di questi generi, il cantante si rifugia dietro una tastiera dove suona più di dieci minuti di musica dall’ispirazione classica. Se la prima parte di set era riuscita a coinvolgere parzialmente una fetta di pubblico, la seconda smorza completamente l’atmosfera. Quando i quattro lasciano il palco un applauso li saluta, ma sembra più un applauso di cortesia che di effettivo entusiasmo.

Durante l’esibizione di Lenox e il cambio palco intanto l’Alcatraz si continua a riempire raggiungendo la piena capienza, l’atmosfera si scalda e comincia a sentirsi la trepidante attesa che anima la sala. Il palco è minimale e non ci sono grandi orpelli a decorarlo, solo il backdrop con il logo della band, la batteria e due pedane sulle quali i chitarristi passeranno la maggior parte del concerto.

Un boato accoglie i quattro che attaccano subito con una doppietta di pezzi nuovi, “Genesis” e “Neurotica”. L’ultimo album, “Remember That You Will Die”, pubblicato lo scorso ottobre è stato un grande successo e la farà da padrone questa serata con ben sei pezzi suonati da questo disco.

Sulle loro pedane Tim Henson e Scott LePage suonano veloci, distribuendo sorrisi mentre eseguono con estrema precisione pezzi difficilissimi come se fosse la cosa più naturale del mondo. Il microfono, utilizzato solo per rivolgersi al pubblico tra un brano e l’altro, è utilizzato principalmente da LePage, e occasionalmente dal bassista Clay Gober, che gasano il pubblico con poche frasi ad effetto.

Tanti occhi sono puntati su Henson che, con 700 mila follower su instagram, mezzo milione su TikTok e quasi un milione su YouTube, si può praticamente considerare anche un influencer, e probabilmente è parte del successo della band.
Guardandoci intorno in sala notiamo un pubblico incredibilmente variegato con persone di tutte le età, ma soprattutto con veramente tanti giovanissimi che forse hanno scoperto la band grazie a questa massiccia presenza sui social.

Al di là dei successi extra-musicali, la qualità dei Polyphia è indubbia e, se abbiamo già nominato i due chitarristi, Gober e il batterista Clay Aeschliman non sono da meno e formano un duo ritmico estremamente solido ed efficace.
Il pubblico entusiasta canta le linee melodiche delle chitarre, fa crowdsurfing e, quando LePage lo chiede dal palco, non si fa pregare per formare anche un wall of death.

Dopo un tempo che sembra brevissimo, ma anche molto lungo per l’intensità dell’esibizione, viene annunciata l’ultima canzone, “Playing God”. Il brano è stato uno dei singoli estratti dall’ultimo disco ed è stato da subito apprezzatissimo dai fan della band, non è quindi una sorpresa il grande entusiasmo con cui viene accolta dal pubblico.

L’ultima canzone ovviamente era la “solita” finta che anticipa il segmento finale così, dopo aver lasciato brevemente il palco, i quattro tornano per suonare gli ultimi tre pezzi.
Qui abbiamo una sorpresa quando dopo una micidiale “G.O.A.T.” sul palco sale un membro della crew che impugna il microfono per cantare mentre la band suona una cover di “96 Quite Bitter Beings” dei CKY. Spetta poi ad “Euphoria” il compito di chiudere il concerto, questa volta per davvero, mentre il pubblico in visibilio saluta la band.

Avevamo potuto osservare il successo della band da lontano, ma vederli di persona insieme al loro pubblico ce lo conferma, i Polyphia hanno compiuto un’impresa che ha dell’incredibile: i texani hanno conquistato un grande pubblico ed un successo quasi mainstream con musica che non ha assolutamente nulla di “commerciale”.

Chi segue il genere da tempo avrà riconosciuto subito il valore della band, ma qualche anno fa ci sarebbe sembrato impossibile che una musica del genere avrebbe conquistato così tanti fan giovani e suonato in un Alcatraz sold out.
I Polyphia ci sono riusciti e si sono guadagnati tutto il nostro rispetto.

Ferruccio Bortolotti

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