JOEY JORDISON – il ricordo di Rock Hard

JOEY JORDISON – il ricordo di Rock Hard

JOEY JORDISON (26 aprile 1975 – 25 luglio 2021)
Parole di Fabio Meschiari

Sembra molto facile, specie in un’epoca in cui tutto diventa social e virale in un battito di ciglia, intonare elegie funerarie alla memoria di qualche recente scomparso.
Questa particolare pratica è purtroppo sempre più diffusa, a maggior ragione nell’ultimo biennio in cui le “morti illustri” all’interno del circo metal e rock hanno funestato quasi quotidianamente quest’ultimo.
Lungi da noi voler accodarci a questo mesto corteo funebre, quanto piuttosto rendere onore ad un musicista che è stato capace di catalizzare l’attenzione seppur nel ruolo, spesso sottovalutato data la posizione sul palco, di batterista.

Stiamo parlando logicamente di Joey Jordison, famoso soprattutto per il suo ruolo di fondatore degli Slipknot e uomo dietro le pelli in seno alla band per quattro album.
Generalmente il pubblico associa Jordison alla band di Des Moines, a volte dimenticando i progetti dei Vimic/Scar The Martyr con Kris Norris (ex Darkest Hour), i Sinsaenum con Frédéric Leclercq (Kreator ed ex Dragonforce) e soprattutto coi Murderdolls insieme a Wednesday 13, dove Joey si è cimentato con tutti gli strumenti.

Il fulcro della vita artistica del musicista scomparso a 46 anni (cause ancora ignote al momento, è d’uopo ricordarlo) ruota però attorno alla batteria.
Un modo di suonare che, al di là del gradimento per il gruppo madre, non può che accendere gli animi di ogni ascoltatore ad ogni rullata e ad ogni tempestata di doppia cassa.
Uno stile funambolico e preciso, in grado di far notare Joey in ogni contesto, che lo ha portato ad esibirsi in maniera casuale ed improvvisa con Metallica, Ministry, Otep, Rob Zombie, Satyricon e Korn.

E personalmente lo ricordo dal vivo la prima volta ad un Gods of Metal a Monza, in una performance capace di infiammare il pubblico e probabilmente essere fonte d’ispirazione per un sacco di metallari che si dilettavano e si dilettano tuttora nel suonare.

Se parliamo di dischi, basterebbe citare la quadrilogia di album sotto il monicker Slipknot insieme ai compagni mascherati: il numero 1 (perché così era identificato Joey Jordison secondo la “tradizione” di assegnare un numero ad ogni membro del gruppo autore di Iowa) è stato, ma ci piace pensare che sarà sempre, un batterista con intuizioni esplosive e dalle capacità esecutive ben sopra la media, storicamente parlando.

Poco importa se non siano mai state del tutto chiarite le ragioni dell’abbandono dal gruppo su entrambi i fronti, ma di certo si sa che Joey soffriva di una mielite trasversa, patologia accomunabile per certi versi ad una sclerosi multipla, che di sicuro ha messo uno stop all’attività di batterista.

Alla fine poche cose rimangono nel mondo musicale “pesante”, oggi come oggi: di sicuro possiamo essere consapevoli di aver vissuto in prima persona, di fronte alle casse dello stereo o a qualche metro dal palco, del prodigioso talento di Mr. Jordison.
E stavolta, rischiando di salire sul carrozzone colorato di chi si accoda al mesto corteo, dobbiamo purtroppo dire che il mondo è un po’ meno rumoroso senza di lui. Ed è male. E soprattutto fa male. Tanto.

Ciao Joey.

Emanuele Biani

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