IRON MAIDEN + STRATOVARIUS + EPICA + BLIND CHANNEL + THE RAVEN AGE – il concerto di sabato 15 luglio all’ippodromo di San Siro (MI) nel nostro live report!

IRON MAIDEN + STRATOVARIUS + EPICA +  BLIND CHANNEL + THE RAVEN AGE – il concerto di sabato 15 luglio all’ippodromo di San Siro (MI) nel nostro live report!

RETURN OF THE GODS
IRON MAIDEN + STRATOVARIUS + EPICA + BLIND CHANNEL + THE RAVEN AGE 
15/07/2023 – MILANO – IPPODROMO SNAI SAN SIRO
Parole di Paolo Manzi e Filippo Contaldo
Foto di Paolo Manzi

A più o meno un anno dalla cocente delusione dei tanti spettatori che nel luglio scorso hanno subito una grave ingiustizia da parte di Zeus/Giove che, a colpi di fulmini e saette, ha cacciato senza appello gli Iron Maiden dal palco di Bologna (anzi, ha proprio impedito loro direttamente di salirci), il sestetto britannico torna sul suolo italico, questa volta in quel di Milano nell’ambito della kermesse intitolata “Return of the Gods”; il dio del tuono, per fortuna, ha deciso di non ritornare ma ha pensato bene di lasciare campo libero e indiscriminato ad Apollo (si chiamava così sia presso i greci sia presso i romani) scongiurando sicuramente eventi atmosferici dagli effetti esiziali sullo svolgimenti dei concerti ma allo stesso tempo portando le temperature ai limiti della sopportazione umana. Poco male, come di consueto in queste occasioni, infatti, il pubblico viene periodicamente irrorato di acqua fresca e a disposizione dei presenti ci sono sempre diversi punti acqua gratuiti con fontane e docce fresche dove poter calmierare, almeno temporaneamente, il bollore delle proprie meningi; ecco, diciamo quasi sempre, perché in questa particolare occasione, l’acqua era solo a pagamento e di fontane, docce o anche solo tubi per innaffiare l’erba di un intero ippodromo non c’era nemmeno l’ombra. Qualche magnanimo addetto alla security, mosso a compassione, ha ogni tanto elargito bottigliette d’acqua alle prime file, anche se probabilmente erano a esclusivo appannaggio della produzione (Filippo Contaldo).

Primi ad esibirsi in questo torrido sabato pomeriggio sono i The Raven Age, per i più maligni la band si trova in questa condizione grazie all’intervento di padre Steve (Harris) che innegabilmente avrà dato una spintarella al figlio George, chitarrista del gruppo, ma che mettendo da parte pettegolezzi e lasciando parlare i fatti si è dimostrata ancora una volta all’altezza del compito. Si destreggiano bene sul palco e la proposta non ha quasi nulla a che vedere con quella degli headliner. Sono maturati col tempo a e lo dimostrano gli estratti dell’ultima fatica “Blood Omen” da poco uscita nei negozi. Da segnalare poi una prova più che convincente del vocalist  Matt Jones. Band da non sottovalutare e tenere d’occhio negli anni a venire (Paolo Manzi).

Che dire dei successivi Blind Channel? Che hanno un nome indubbiamente, si sono fatti notare a livello internazionale prendendo parte agli Eurovision del 2021, ma detto questo resta ancora da capire il motivo che ha portato ad inserire una proposta così moderna e distante dal contesto della giornata (Paolo Manzi).

Epica – Alle 18.00 scatta l’ora per la seconda apparizione milanese in pochi mesi per Simone Simons e soci. Lo spazio dedicato alla band olandese sarà riempito con sette brani che i ragazzi decidono di pescare da ben sei tra loro album ed EP, per cercare di coprire un ventaglio quanto più ampio possibile delle loro pubblicazioni in vent’anni di onorato servizio; l’inizio è aggressivo, con Abyss Of Time – Countdown To Singularity e soprattutto Victims Of Contingency, probabilmente il loro brano più potente e completo. Il prosieguo si attesterà progressivamente su lidi più power e sinfonici, senza però perdere mai di mordente e di connessione con il pubblico; il rapporto tra gli Epica e l’Italia è solido e profondo e, nonostante il limitato tempo a disposizione, Mark Jansen e Simone Simons non hanno mancato di rivolgersi più volte agli spettatori sottolineando il loro grande affetto per il Bel Paese, sempre convintamente ricambiato. L’esibizione dei cinque di Reuver si svolge senza sbavature e si chiude con la lunga e complessa Consign To Oblivion, canzone di grande intensità che conduce all’epilogo in grande stile, come di consueto da parte di questa band che da tempo ormai mantiene altissimi i livelli delle proprie performance (Filippo Contaldo).

Stratovarius – Anche se l’headliner di giornata erano gli Iron Maiden, le magliette degli Stratovarius indossate dagli spettatori erano davvero numerose; il ritorno in Italia, dopo quasi cinque anni, dei principi finlandesi del power metal era in effetti un evento molto atteso, ma la delusione finale prenderà il sopravvento sull’aspettativa. La band, che doveva presentarsi sul palco alle 19.00, entrerà in scena solo alle 19.50 e suonerà solo due classici, Black Diamond e Hunting High And Low, prima di procedere con i saluti di rito. Come se non bastasse, la prima metà di Black Diamond è stata suonata in versione karaoke, perché il microfono di Timo Kotipelto era totalmente muto. Alle rimostranze del pubblico, visibilmente contrariato, viene data una spiegazione espresso da un addetto dell’organizzazione; la band ha avuto problemi con il volo per Milano ed è giunta presso la venue con un consistente ritardo. Gli Stratovarius racconteranno poco dopo, attraverso i loro canali social ufficiali, che il loro volo per l’Italia era stato cancellato (c’erano in effetti diverse agitazioni sindacali in corso) e che era stato necessario spostarsi su Zurigo e prendere da lì un’auto a noleggio per raggiungere Milano. Auto che avrebbe subito un guasto nel tragitto, fermandosi sotto un tunnel in Svizzera e costringendo la band ad attendere diverse ore per essere raggiunta da un veicolo sostitutivo. Pregevole, ad ogni buon conto, lo sforzo della band che ha fatto di tutto pur di raggiungere l’Ippodromo di San Siro ed esibirsi, anche se per dieci minuti scarsi; è stato purtroppo impossibile concedere loro maggiore tempo, poiché il periodo tra le 20.00 e le 21.00 era dedicato all’allestimento della scenografia degli Iron Maiden (Filippo Contaldo).

Iron Maiden – Il grande ritorno sull’italico suolo della band britannica, dopo cinque anni dall’ultimo concerto  tenutosi proprio all’Ippodromo di Milano, è atteso dal pubblico, davvero nutrito, con palpabile fermento; l’Italia, si sa, è da sempre un’importante roccaforte maideniana, dove ogni nuovo album viene accolto con sentito entusiasmo, sovente corroborato da un ingresso prepotente in classifica generale, e ogni concerto è regolarmente sold out, come infatti è accaduto anche in questa occasione. Per chi non ne fosse al corrente, il leitmotiv di questa tournée è quello di creare un ponte tra passato e futuro, pescando ben cinque brani da Somewhere In Time, album uscito nel 1986, e altrettanti da Senjutsu, album uscito trentacinque anni dopo; tra questi, altri cinque classici. La scenografia, non particolarmente complessa ma comunque posta su più livelli, è incentrata su un mix tra le grafiche e le ambientazioni dei due album sopra citati. Alle 21.00 parte la canonica Doctor Doctor, seguita, inaspettatamente, dalla colonna sonora di Blade Runner scritta dal compianto Vangelis, un brano effettivamente in linea con l’atmosfera eighties in cui l’ippodromo si è calato; terminate le introduzioni di rito, ecco che parte Caught Somewhere In Time, opener a dir poco perfetta e cantata a squarciagola dagli astanti, seguita da un altro brano tratto dal disco del 1986, ovvero Stranger In A Strange Land, con la prima delle tre comparsate di Eddie.

Non ci soffermeremo oltremodo facendovi l’excursus dell’intera scaletta, ritenendo più opportuno analizzare la prestazione della band nelle quasi due ore in cui ha calcato il palco; duole dirlo, ma anche per gli Iron Maiden l’età inizia a farsi sentire e a lasciare segni sulla qualità delle loro rese dal vivo. I brani più veloci (e quindi tendenzialmente quelli più risalenti), vengono suonati a una velocità sensibilmente inferiore rispetto agli originali e diversi sono i momenti in cui Nicko interpreta a suo modi gli attacchi di batteria. Bruce Dickinson, che ricordiamo essere stato colpito da un tumore alla gola, si prende diverse pause nel corso del concerto, verosimilmente per recuperare un po’ di energia e per riposare una voce che non manca di mostrare segni di affaticamento, come ad esempio su Alexander The Great, brano che la band suona dal vivo per la prima volta in carriera in questo tour e che mette a durissima prova il nostro eroe sia sugli acuti del ritornello sia nelle parti connotate da una serrata metrica nelle strofe. Non v’è inoltre chi non veda nella scelta dei brani più recenti quelli con gli intermezzi strumentali più lunghi, un valido motivo per fornire a Bruce il tempo per recuperare fiato e vigore. Beninteso, stiamo pur sempre parlando di una band che dal vivo non si risparmia e che, tra qualità delle canzoni, spettacolo e interazione con il pubblico è certamente nell’Olimpo non solo del Metal ma della musica nel suo complesso; bisogna però anche prendere atto che nessuno è eterno e che è fondamentale osservare la realtà con lucidità e onestà intellettuale, per evitare inutili aspettative che non possono altro che fare male al cuore quando vengono disattese, finora solo in una parte non eccessivamente rilevante. Da un concerto degli Iron Maiden si esce quindi ancora sorridenti e soddisfatti, senza voce per avere gridato a squarciagola gli inni immortali che rimarranno per sempre, ma non si può fare a meno di provare un briciolo di amarezza nel rendersi conto che prima o poi anche loro si dovranno fermare (Filippo Contaldo).

Emanuele Biani

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