EMPEROR + MAYHEM + NECROMASS – il concerto del 18 dicembre a Milano nel nostro live report!

EMPEROR + MAYHEM + NECROMASS – il concerto del 18 dicembre a Milano nel nostro live report!

EMPEROR + MAYHEM + NECROMASS
18/12/2022 – Milano (Alcatraz)

Parole di Stefano Paparesta
Foto di Davide Sciaky

Necromass

Arriviamo pochi minuti prima dell’inizio della band nostrana posta come sola opener della serata dopo la defezione di Selvans. I Necromass sono una delle primi act ad aver fatto black metal in Italia, dunque è più che azzeccata la loro presenza sul palco in un’occasione come questa. La prova complessiva è decisamente solida e convincente con brani molto feroci ma comunque articolati con diversi cambi di tempo e sezioni strumentali interessanti e discretamente tecniche che risentono a tratti dell’influenza di certo death e thrash. L’esibizione del gruppo procede tutto sommato liscia e senza particolari sbavature di tipo esecutivo, anche se va detto che i Necromass hanno avuto i suoni peggiori dei tre gruppi in cartellone. Il basso infatti è per buona parte del concerto poco nitido e ovattato e le chitarre escono fuori con una distorsione sgranata e impastata che rende poco chiari alcuni passaggi. Più o meno verso la fine del set la situazione migliorerà, anche se con alcuni strascichi lungo il concerto dei Mayhem.

Mayhem

L’aspetto che più ci ha avvinto dell’esibizione dei norvegesi, è la performance di Attila. Egli è sicuramente l’elemento più affascinante ed oscuro dei Mayhem attuali. È un cantante istrionico ed unico nel suo genere dotato di molta teatralità, tra pose, gestualità, costumi di scena, maschere e parafernalia vari. Poi apre bocca e tutto acquisisce ancora più senso, completando il forte impatto visivo con una performance vocale sui generis. Il cantante aggredisce il palco variando spesso il timbro della voce tra vocalizzi sinistri biascicati, la voce pulita spiritata e, ovviamente, il suo celebre scream. Per certi versi Attila è l’estremizzazione naturale di King Diamond, col quale spartisce molte somiglianze in termini di approccio al palco, anche se con risultati diversi: l’ungherese è ritualistico e sciamanico, mentre il frontman danese è puro horror espressionista.

In secondo luogo, eravamo estremamente curiosi di sentire Hellhammer dietro le pelli della batteria e di avere un assaggio dal vivo della sua comprovata abilità. Semplicemente mostruoso e dotato di una pacca micidiale, il batterista non è solo furia cieca quando suona i blast beats di cui è un maestro a livello tecnico, ma è anche molto dinamico sapendo variare a dovere le proprie parti e non inserendo mai una rullata fuori posto. Mai.

Peccato invece per quanto riguarda il reparto chitarre, le quali per buona parte del concerto sono state inficiate nella resa da suoni poco nitidi che le hanno relegate in secondo piano privando loro parte dell’impatto primordiale d’obbligo in contesti estremi.

La setlist comunque non ha cali di tensione e giustamente prende un po’ tutta la discografia della band, con brani estratti dall’ultimo disco, Daemon (Bad Blood, Falsified and Hated, Malum), e materiale più datato da Wolf’s Lair Abyss. Chiaramente il pubblico va in brodo di giuggiole non appena imperversano le note dei classici del fondamentale De Mysteriis Dom. Sathanas, con la cattivissima Freezing Moon a fare da climax a circa metà concerto. Questo è uno dei brani più rappresentativi del genere, un po’ per il suo riff in apertura gelido, un po’ perché dal vivo rende molto anche grazie alle luci blu-viola e il minaccioso fondale della celebre copertina di De Mysteriis a caricare ulteriormente l’atmosfera di un’aura tetra. La chiusura invece è una sfuriata di violenza misantropa sonora con Deathcrush, Pure Fucking Armageddon e Chainsaw Gutsfuck suonate con attitudine quasi punk/thrash e tripudio di luci rosse.

Emperor

Come ribadito più volte da Ihsahn, i norvegesi non suonavano in Italia da circa venticinque anni. L’occasione è epocale e molto attesa sia dal pubblico, che esplode in un pogo infernale ininterrotto per quasi tutta la durata del concerto, sia dai norvegesi stessi che non si sono certo risparmiati. L’esibizione degli Emperor è infatti la prova della loro manifesta superiorità tecnica nonché il perché siano così amati tra i cultori del black metal. Essi sono protagonisti di un’esibizione praticamente perfetta perché tiratissima, caotica e irruenta eppure precisa, pulita, chirurgica e davvero apparentemente senza sbavature. C’è un coinvolgimento emotivo intenso reciproco sia sopra che sotto il palco ed è tutto dovuto alla potenza sprigionata dalla musica. Musica, che nel caso degli Emperor un attimo prima stordisce e disorienta e quello subito dopo rapisce perché è sempre sospesa in un sottile limbo tra il sublime kantiano e annichilimento sensoriale. Le canzoni, pur poggiando le basi nel black metal più oltranzista, sono comunque intricate e complesse ma dalla scrittura elegante, orchestrale, epica ed elegiaca e dal forte impatto emotivo.

L’attenzione è tutta per Ihsahn e Samoth, due figure complementari e diametralmente opposte che insieme sono però riuscite a creare qualcosa di unico e irripetibile. Il primo con il suo caratteristico look da professore di filosofia completo di camicia nera, capelli legati, barba e occhialini rotondi squaglia la faccia degli astanti col suo inconfondibile screaming acido ed una pulizia esecutiva alla chitarra che ha davvero pochi uguali nel genere. Il secondo invece sembra una sorta di Gandalf del black metal: dritto come un palo, scheletrico e vestito di nero da testa a piedi, fa sicuramente la sua sporca figura macinando note come se nulla fosse. Bestiali.

Gli Emperor celebrano la magniloquenza di di Anthem to the Welkin at Dusk, piazzando ben sei titoli tratti da quel disco tra cui le immancabili Thus Spake the Nightspirit e la magnifica With Strenght I Burn, oltre alle acclamatissime Inno a Satana e Cosmic Keys To My Creations and Times da In The Nightside Eclipse. C’è anche spazio per Ye Entracemperium a chiosa di un concerto intensissimo e trascinante che ha lasciato col sorriso compiaciuto e ammutoliti i presenti. I norvegesi infatti, nello spazio di soli quattro album, sono riusciti a scrivere qualcosa di irripetibile ponendosi come base, summa e superamento di un certo modo di intendere il black metal. Che dire dunque? Chi non c’era si è davvero perso qualcosa di speciale e l’Alcatraz gremito ne è stata la dimostrazione.

Emanuele Biani

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