CRADLE OF FILTH/ALCEST/NARAKA – Monaco di Baviera, Backstage Club, 17 Ottobre 2022: il nostro live report!

CRADLE OF FILTH/ALCEST/NARAKA – Monaco di Baviera, Backstage Club, 17 Ottobre 2022: il nostro live report!

CRADLE OF FILTH/ALCEST/NARAKA
Monaco di Baviera, Backstage Club
17 Ottobre 2022
Parole e foto di Giacomo Astorri

In un minaccioso venerdì di ottobre, il cocchiere della nera carrozza del “Dark Horses and Forces” tour fa sosta al Backstage di Monaco di Baviera. Si prospetta uno show dove le tenebre profuse dalle band in cartellone avvolgeranno gli astanti senza possibilità di salvezza alcuna. Già all’ingresso appare chiaro che il pubblico qui si mescola in base allo stile musicale dei gruppi in formazione: con il death metal moderno dei Naraka, lo shoegaze post black metal degli Alcest e i classici del black metal dei Cradle of Filth, il cartellone di questo lunedì sera nel club Backstage di Monaco è estremamente vario.

Aprire il sipario di questo teatro dell’incubo spetta ai francesi Naraka, fautori di un death-thrash con incursioni che passano per il groove fino a rimandi appartenenti ad un certo black sinfonico. I francesi non si lasciano intimidire dal fatto che il Backstage Werk sia pieno solo per un quarto quando la band di apertura inizia il suo concerto. Si parte con l’intro di “In Tenebris” dal loro album omonimo, subito seguita dall’azzeccatissima opener “Cursed”. Il loro set consta di 5 pezzi e la chiusura è affidata a “The Great Darkness”, che chiude anche il loro full-length. Notevole la vocalità di Rondeau che conduce le danze a petto nudo, incitando il pubblico a partecipare durante le sezioni strumentali, scandite da un riffing preciso e tagliente al punto giusto.
A poco a poco il suono, che all’inizio era un po’ indefinito, diventa più chiaro e si riesce a capire sempre meglio la musica, a vantaggio soprattutto dei synth sotto forma di backing track. Il chitarrista è molto concentrato, il cantante si sforza di offrire una controparte visiva alla musica dura, ma sono soprattutto il bassista e il batterista che riescono a entusiasmare e a riscaldare il pubblico di Monaco, ancora piuttosto fiacco, con la loro energia e gioia di suonare. La gestualità selvaggia del cantante può servire a far saltare l’energia verso l’uno o l’altro visitatore, ma sembra anche un po’ artificiosa e può quindi essere percepita come irritante. Sicuramente una band promettente che grazie a questo tour avrà modo di affinare ancora di più le proprie doti sul palco.

In un perfetto gioco di luci fredde, tocca ai pionieri del blackgaze prendersi cura del pubblico prima del devastante arrivo dei Cradle Of Filth. Il cambio di atmosfera è palpabile fin dalle prime note di “Les Jardin de Minuit”; meravigliosi ed onirici, gli Alcest si sbizzarriscono nell’intessere trame sonore ossianiche difficilmente definibili. Alcuni problemi con l’audio ad inizio concerto non hanno di certo inficiato la performance dei francesi, che hanno regalato ai presenti un’esibizione da brividi attraverso brani presi principalmente dalla loro ultima fatica in studio, eseguendoli in maniera magistrale. In un set di circa 55 minuti appare chiaro che gli Alcest hanno molta passione nella loro musica. Una scenografia semplice, tipica di Alcest, è idealmente allestita da diverse lampade da terra rivolte verso il pubblico. Le melodie a volte ipnotiche invitano a sognare ad occhi aperti e a dimenticare la vita quotidiana. La band suona il suo breve set di sette canzoni e inizia con tre pezzi dall’ultimo album “Spiritual Instinct”, seguiti da un pezzo da ciascuno degli ultimi dischi. Dal vivo, gli Alcest sono convincenti come nei dischi. Mentre le prime canzoni “Les Jardins De Minuit”, “Protection” e “Sapphire” sono ancora eseguite con piena concentrazione e perfezione musicale, l’esecuzione più seria delle canzoni irrompe al più tardi nella seconda metà del set, e si può notare dal cantante Neige che le reazioni positive del pubblico lo toccano ancora dopo tutti questi anni sul palco e che fare musica sembra essere un grande divertimento per lui, che a sua volta contagia il pubblico. Neige è un front-man esperto, oltre che un musicista e produttore sopraffino: qualità queste che traspaiono da ogni nota suonata ed assorbita dai presenti. Il pubblico è diviso tra chi resta a guardare rapito e chi si lascia andare all’headbanging selvaggio. Gli Alcest, che chiudono magistralmente il loro set con “Délivrance” si confermano quanto di meglio il panorama metal odierno possa offrire, e questo concerto ne è stata la conferma. Neige volge le spalle al pubblico, inginocchiandosi lentamente quasi ad officiare un rituale che funge da tetro presagio per quello che sta per consumarsi sul palco.

Proprio quando il viaggio nell’oscurità sembra non potersi evolvere oltre, scocca l’ora dei vampiri. Sullo sfondo l’immagine del “Principe dell’Inferno”, liberamente ispirata da Bosch e copertina dell’ultimo “Existence Is Futile”, minacciosi scheletri giganti a fare da guardiani ai lati del palco lungo il quale corrono intrecciandosi dei rami secchi che, qua e là, rigurgitano spaventosi teschi e si contorcono fino ad avviluppare l’asta del microfono. Mentre la band si impadronisce del palco sulle note dell’intro “The Fate of the World on Our Shoulders”, compare una figura inquietante, nera ed incappucciata che si volta producendosi in pose ieratiche: in una tempesta elettrica di strobo accecanti Dani Filth si rivela in tutta la sua orrorifica maestà dando il via alle danze (macabre) con “Existential Terror”. La seguente 
”Nocturnal Supremacy” è un vero e proprio viaggio in un traghetto stigeo nel buio degli anni ’90 e la successiva “Summer Dying Fast” suggella il patto di sangue iniziato con il primo album da cui proviene. Colpisce in particolare il podio, che sembra un po’ sovradimensionato per un palco come quello del Backstage Werk, dove prende troppo spazio agli altri musicisti. Anche se Dani è il chiaro protagonista dei Cradle of Filth, questo sarebbe forse più adatto a sale più grandi, perché Dani canta spesso in fondo fra la pedana della batteria e quella della tastiera, creando un buco nella scenografia con la pedana vuota davanti. Proprio all’inizio si manifestano problemi tecnici alla batteria, ma una breve interruzione per risolvere il problema è moderata da Dani con umorismo, per cui questo non influisce sull’atmosfera. Il set può quindi continuare senza ulteriori interruzioni tecniche e con un suono omogeneo. Dani è uno showman apparentemente instancabile: l’alternarsi di growl, recitazione e urla lancinanti delle sue parti vocali non sembrano scalfire minimamente l’energia luciferina che riesce a scatenare sul palco, nonostante gli anni passino inesorabili. La scaletta è ovviamente incentrata sull’ultimo album, ma pesca a piene mani praticamente da tutta la discografia della band; l’invocazione ad Apophis in “Crawling King Chaos” recitata (urlata) dai presenti è da brivido, seguita da “Nymphetamine Fix” che fa da preludio alla maestosità di “A Gothic Romance (Red Roses for the Devil’s Whore)” direttamente dal glorioso “Dusk And Her Embrace”. Le urla e gli orgasmi femminili di “Venus In Fear” fanno da preludio ai bis che esplodono con “Desire in Violent Overture” fino al gran finale che fa approdare i presenti nelle terre di “Midian” con “Her Ghost In The Fog” in un tripudio di effetti pirotecnici che sigillano in maniera molto scenografica la conclusione del concerto. Per quanto i Cradle Of Filth siano, volenti o nolenti, una totale diramazione della mente del suo creatore, l’esibizione è sempre impeccabile e i musicisti sono quanto di più solido ci si possa aspettare: il recente innesto Burbage e Ashok sembrano suonare insieme da una vita, la sezione ritmica guidata da Škaroupka è precisa e distruttiva. Alla tastierista/voce femminile Federoff, anche lei nuova nella band, è spettato l’arduo compito di sostituire le defezionarie Schoolcraft ed Iratni, ma ha dimostrato di possedere tutte le carte in regola per consacrarsi sacerdotessa di tutto rispetto del culto vampirico. Dal punto di vista musicale, si può dire che sul palco ci sono professionisti assoluti e musicisti esperti che sanno suonare con perfezione e allo stesso tempo affascinare il pubblico, anche se il backstage anche a fine serata rimane non del tutto pieno.

Un concerto dosato al cesello, con gli opener che hanno agito da frizzante apripista, gli Alcest che hanno preso in mano il pubblico trasportandolo in territori oscuri e riflessivi, per poi consegnarlo nelle mani del malefico compositore dell’Hertfordshire che lo ha sacrificato nel nome dei Cradle Of Filth, dopo averne bevuto il sangue. Al termine della nottata, si ha l’impressione di aver assistito ad uno show in co-headlining, dove i neri semi sparsi ormai 30 anni or sono da Dani Filth sono germogliati in miriadi di mostruose creature parallele che ora vivono di vita propria ed hanno intrapreso un loro oscuro viaggio, proprio come gli Alcest. Da un’esperienza simile si torna a casa maledetti e contenti, trasportati da “cavalli e forze oscure” (cit.).

Emanuele Biani

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