SAVATAGE il live report del concerto di Milano

SAVATAGE il live report del concerto di Milano
SAVATAGE + INDUCTION, 24 GIUGNO 2025: il nostro live report del concerto all’ALCATRAZ di Milano!
Parole di Antonino Blesi
Foto di Filippo Contaldo
Passano gli anni e si diventa sempre più sentimentali, quasi retorici.
Chi di noi a volte non si mette a pensare che sono passati gli anni dei grandi capolavori, e che nel 1990 uscivano meraviglie del metal ogni mese e si potevano facilmente ammirare in concerto e pure per pochi soldi?
Oggi forse è tutto più difficile, anche se la tecnologia dovrebbe facilitare, avvicinare, semplificare.
E invece, con quelle facce perennemente perse nei cellulari, forse ci stiamo perdendo il senso della vita reale, vissuta e sudata sotto un palco.
Oppure in una notte calda a solitaria, quando ci si immergeva nei meandri infiniti di album come Gutter Ballet, Streets e Dead Winter Dead.
Per una volta, la realtà supera la fantasia e finalmente i Savatage tornano a suonare dal vivo, dopo più di vent’anni dal loro ultimo tour.
Dieci anni dopo o spettacolo speciale di Wacken, in cui le ipotesi di nuove date sono poi state spazzate via dallo stato precario di salute del geniale Paul O’Neill, che ci ha lasciato nel 2017.
Negli anni successivi è stata dura non chiedere ai ragazzi delle band qualche informazione sullo stato di salute di un progetto che rimaneva fermo.
Sia per il successo trionfale della Trans-Siberian Orchestra e un Jon Oliva in condizioni fisiche almeno complicate.
E intanto, ecco arrivare qualche timido segnale da Zak Stevens e soprattutto, un accorato Chris Caffery:
“Ci stiamo lavorando, potrebbe accadere. Tutti speriamo succeda.”
Anche il Mountain King Jon ha candidamente ammesso che avrebbe diverse decine di brani pronti per la band e che “mai dire mai.”
Finalmente, This Is The Time.
Viene assemblata la band più fedele possibile a quella che ha calcato i palchi negli anni novanta.
Ma si annuncia anche che Jon Oliva non sarà presente in tour, causa una implacabile sclerosi multipla che me piega ma non spezza la volontà.
Un artista che continua a essere il regista occulto dei Savatage, aiutandoli con le prove e la scaletta e proseguendo a lavorare sul nuovo materiale.
Vorremmo tralasciare i commenti di alcuni esperti di “musica”, subito pronti a definire questa versione come una “cover band” di lusso.
Perché a parte questa minoranza rancorosa, l’annuncio di un ritorno in Europa è stato acclamato come uno degli eventi metal dell’anno.
E anche qui l’unica data italiana è stata presa d’assalto da un grande numero di appassionati, pronti a rivivere un altro “concerto della vita”.
Ma lasciamo in pace la retorica e arriviamo in un Alcatraz fresco (grazie all’aria condizionata) e un clima di attesa assolutamente spasmodico.
Dalle 19.45, il pubblico affluisce in grande velocità e affolla gli stand del merchandise.
Questo mentre arriva sul palco il power metal sinfonico dei teutonici Induction.
I ragazzi svolgono il loro onesto lavoro, ben guidati dalla voce e dal carisma del nuovo arrivato Gabriele Gozzi.
Il frontman italiano ci sa fare ma in tutta sincerità la band non spicca per grande originalità, anche se rimane solida e convinta dei propri mezzi.
Il tempo passa veloce e si arriva all’ora prevista, in cui il colpo d’occhio del pubblico è davvero entusiasmante.
Il locale è del tutto sold out e i fan presenti invocano impazienti il nome dei grandi attesi.
ORE 21: WELCOME TO THE SHOW!
La messa in scena è essenziale ma anche ben arricchita dai ledwall dietro alla band.
Vengono trasmesse le immagini delle copertine dei grandi dischi dei Savatage, oppure video animati che seguono il tema del brano suonato.
Se molti gruppi oggi preferiscono risparmiare e usare molte basi preregistrate, i nostri amici della Florida rimangono saldamente della vecchia guardia.
Ben due tastieristi/coristi, Paulo Cuevas e Shawn McNair, si affiancano alla batteria di Jeff Plate e si occuperanno delle orchestrazioni.
Oltre che di aiutare vocalmente un Zak Stevens che sale sul palco e appare quasi sorpreso dalla folla.
Il pubblico acclama il gruppo dalla prima nota suonata, battendo le mani a ritmo e cantando per tutte le due ore di durata dello spettacolo.
Raramente abbiamo visto una folla così entusiasta e coinvolta, per un evento che si percepisce essere “speciale” in ogni sua minima sfumatura.
Sul palco l’atmosfera è esaltante ed esaltata, perché risulta del tutto chiaro che gli stessi musicisti sono felici di poter riproporre questo repertorio.
E si divertano a mille, sia nelle parti più pesanti e massicce, che in quelle più delicate ed emozionanti.
Si sapeva che la scaletta sarebbe stata incentrata in buona parte sui brani dell’epoca Stevens, com’era logico che fosse.
Ma ammettiamo: esiste un brano dei Savatage che potremmo definire brutto?
Nella risposta torniamo a essere retorici quanto sinceri: NO.
Il gruppo ama sicuramente The Wake Of Magellan e ne propone quasi metà album.
Senza tralasciare classici leggendari come una terremotante Jesus Saves e una vibrantissima e sulfurea Sirens.
Tuttavia, questa formazione a sette ha anche il coraggio di portare in scena le complessità vocali e strumentali di capolavori come Chance e The Hourglass.
La sensibilità della band porta anche qualche lieve modifica nei brani proposti al pubblico italiano, rispetto alle performance inglesi o tedesche.
Al netto di una ritrovata e mai banale Strange Wings, la vera sorpresa è una commovente e commossa versione di una All That I Bleed che manda al tappeto emozionale tutti i presenti.
Fino all’arrivo di un filmato molto recente, che vede Jon Oliva suonare e cantare la parte iniziale di Believe, poi proseguita dalla band al completo.
Le foto del mai troppo rimpianto Criss incalzano sullo schermo e il ritorno virtuale del Mountain King, che duetta con Zak nel finale di un inno che farebbe venire gli occhi lucidi anche a Lucifero.
L’esperienza diventa unica e totale in quei momenti, ma cosa volete dire a qualcuno che può terminare il concerto con questa cinquina:
Believe/Gutter Ballet/Edge Of Thorns/Power Of The Night e il magnum opus finale di Hall Of A Mountain King.
Per dovere e piacere di cronaca, amiamo citare un Zak Stevens che sicuramente ha perso potenza.
Pur non potendo andare troppo in alto con la voce, canta tutto davvero bene, con l’entusiasmo di un ragazzino.
Il basso marmoreo di Johnny Lee Middleton è l’epica e sontuosa colonna portante di un suono maestoso, arricchito dalla possente energia dell’eterno Jeff Plate.
Chris Caffery è dove dovrebbe sempre essere, mente suona gli assoli del “fratello” Criss Oliva, portando avanti la sua eredità.
Infine, Al Pitrelli si muove sempre lucido e mette la sua grande classe al servizio di brani intoccabili.
Siamo certi che per tante persone presenti, questo sarà stato uno dei concerti “della vita”.
Non solo per motivi nostalgici, ma perché i Savatage si sono mostrati vivi e desiderosi di continuare, con altri tour e con un nuovo album.
Qualcuno rimarrà scettico, ma a noi non resta che “credere”.
Quanto torneranno, noi ci saremo.
Setlist:
- The Ocean
- Welcome
- Jesus Saves
- Sirens
- Another Way
- The Wake of Magellan
- This Is the Time (1990)
- Strange Wings
- The Storm
- All That I Bleed
- Handful of Rain
- Chance
- Starlight / I Am / Mozart and Madness
- Dead Winter Dead
- The Hourglass
- Believe
- Gutter Ballet
- Edge of Thorns
- Power of the Night
- Hall of the Mountain King
SAVATAGE il live report del concerto di Milano