ROCK HARD 2.0 – intervista con gli Acacia

ROCK HARD 2.0 – intervista con gli Acacia

ACACIA – L’AZZERAMENTO DEL TEMPO

DI ROMANO DEPOLO

Ormai tutti sono concordi nell’affermare che il tempo non è una variabile importante, ma quando raggiunge una certa lunghezza il concetto precedentemente espresso perde di efficacia. 23 anni sono effettivamente un periodo discretamente lungo e nel mondo della musica non è frequente assistere a interruzioni dell’attività di questa durata. I Siciliani Acacia sono riusciti a ritornare sulle scene dopo il debutto Deeper Secrets uscito nel 1996. Abbiamo parlato di questo gradito ritorno con il leader della band, il chitarrista Martino Lo Cascio.

Per confermare che il tempo non esiste, proviamo ad avvicinarci al momento in cui nacquero gli Acacia, all’inizio degli anni 90.

“Come avviene spesso in ambito musicale, il gruppo è nato con la motivazione di riunire in modo più consistente un gruppo di amici. Avevamo in comune la passione per gli Iron Maiden e il nome della band è nato proprio da un loro brano. La formazione non è mai stata troppo stabile, ma la band un po’ alla volta è cresciuta anche grazie all’esperienza maturata in diversi demo fino ad arrivare alla pubblicazione del primo album uscito nel 1996 per la Underground Symphony”.

I brani inclusi nel vostro primo album Deeper Secrets non erano tutti inediti, ma le versioni registrate sono piuttosto diverse rispetto a quelle contenute nei demo.

“Prima della pubblicazione di Deeper Secrets ci furono altri cambiamenti all’interno della band e i nuovi musicisti non avevano delle basi prettamente metal o rock. Così, quando entrammo in studio, i brani presero una nuova piega, con una componente sperimentale molto più spiccata che li rese meno potenti. Alla fine quell’album sorprese un po’ chi conosceva lo stile degli Acacia un po’ per i suoni meno classici e per degli arrangiamenti sperimentali. Oggi posso dire che in alcuni casi le sperimentazioni erano riuscite, in altri forse un po’ meno”.

Quali erano, all’epoca, le tue principali fonti di ispirazione?

“Ho sempre apprezzato i gruppi che nel progressive metal riescono a far emergere forti emozioni anche al di la di aspetti puramente tecnici. Potrei quindi citare Queensrÿche e Fates Warning senza dimenticare i Crimson Glory. Secondo me un aspetto della musica cui si tende a non prestare troppa attenzione è la teatralità, e in questo credo che Seventh Son Of A Seventh Son degli Iron Maiden sia un album che rasenta la perfezione”.

Quali furono gli esiti del vostro debutto?

“Erano altri tempi per l’industria discografica e tutte le copie dell’album vennero vendute velocemente. L’album venne apprezzato e ci permise di fare qualche importante apparizione dal vivo, come quando aprimmo per Vasco Rossi a Palermo nel 1996. Siamo stati penalizzati dal fatto che purtroppo dopo la pubblicazione dell’album sono entrate in campo delle incomprensioni e dopo due anni in cui ho cercato di rinnovare nuovamente la formazione per fare il secondo album, nel 1998 la storia del gruppo si è interrotta”.

In tutti questi anni, la passione è rimasta seminascosta sotto la cenere o hai avuto modo di continuare la tua carriera di musicista?

“Questa interruzione non è stata in alcun modo voluta e non l’ho vissuta bene perché per me era veramente importante poter avere un gruppo ed esprimere ciò che avevo dentro. Poi è ovvio che con il passare del tempo molte cose sono cambiate, sia a livello familiare che lavorativo, per cui mi sono necessariamente dedicato ad altro, ma non ho mai cessato di comporre. Inoltre ho collaborato con produzioni in ambiti diversi come quello teatrale, dei musical e pop anche per acquisire nuove competenze nella fase compositiva. Dentro di me speravo che prima o poi sarebbe giunto il momento di riformare gli Acacia”.

E quel momento è finalmente arrivato!

“Non è stato facile trovare dei musicisti disposti ad affrontare difficoltà di varia natura, ma finalmente un paio di anni fa ho trovato delle persone fantastiche che non hanno avuto paura di impegnarsi per la riuscita di questo nuovo album e per proseguire l’attività della band nel modo che per me è quello giusto. Per me la musica è un aspetto molto importante perché ne ho sempre tratto grande giovamento, specialmente nei momenti più bui della mia vita. In qualche modo mi sento debitore nei sui confronti e la pubblicazione di Resurrection rimette un po’ a posto le cose.”.

Abbiamo parlato dei gruppi metal cui hai sempre fatto riferimento nella creazione della musica degli Acacia. Oggi nella vostra musica mi pare di riscontrare anche altre influenze, a volte più oscure e malinconiche, che sembrano non essere totalmente allineate alla scena propriamente metal.

“Nella prima metà degli anni ’80 ero letteralmente innamorato dei gruppi synth pop come i Depeche Mode, i Duran Duran più oscuri, i Tears For Fears  e altre band che andavano per la maggiore in Inghilterra e che avevano una venatura particolare, con una componente oscura molto marcata. Tra le nuove leve apprezzo moltissimo gli Opeth e i Leprous che sono legati ad una maniera più emozionale e forse malinconica di intendere la musica. Quando si compone un brano vengono fuori tutte queste influenze, ma la mia componente più oscura è legata sicuramente a sonorità meno luminose del passato che mi spingono alla ricerca di accordi minori dove la ricerca melodica non deve essere mai messa in secondo piano. Per me una canzone è ben riuscita se alla fine è possibile canticchiarla, quindi deve necessariamente avere quella melodia che riesce a fissarsi nella mia mente. Un’altra cosa che mi piace tantissimo consiste nel creare brani che riescono a regalare nuove emozioni a ogni ascolto, come quei film che ti sembra sempre di vedere per la prima volta. L’obiettivo è raggiunto quando una canzone si fa ascoltare più con il cuore che con le orecchie. Nei miei testi cerco sempre di trovare delle parole che possano già essere in esatta armonia con il suono delle note. La parola non è un riempitivo, ma un elemento fondamentale”.

I Queensrÿche continuano ad essere ancora oggi il tuo gruppo preferito o come tanti fan della prima epoca consideri il loro messaggio come chiuso a partire da Hear In The Now Frontier?

“Diciamo che con quell’album qualcosa si è rotto … sono rimasto molto male per il modo in cui, anni dopo, è avvenuta la separazione tra Geoff Tate e il gruppo, ma più che Tate mi manca la capacità di creare melodia, potenza e nostalgia che erano tra le principali caratteristiche dello stile di Chris De Garmo. Todd La Torre sta facendo un grande lavoro, ridando credibilità ai Queensrÿche anche se Tate è inimitabile. Ho apprezzato molto la umiltà di La Torre che è riuscito a riprendere la band per i capelli prima di una fine ingloriosa. Sono fermo all’ultimo album di De Garmo, anche se alcuni elementi innovativi presenti in Hear In The Now Frontier avevano fatto gridare allo scandalo già allora”.

Chi sono i musicisti che ti accompagnano in questa vera e propria resurrezione degli Acacia?

“A Palermo la scena rock e metal è piuttosto ridotta. Ci sono stati alcuni gruppi che sono riusciti a crearsi un discreto spazio all’interno della scena e non solo quella locale. Mi riferisco ai Thy Majestie e ai Trinakrius da cui provengono rispettivamente il secondo chitarrista Simone Campione e il batterista Claudio Florio. Massimo Provenzano suona invece il basso in diverse band rock locali, mentre il cantante Gandolfo Ferro è l’unico ‘straniero’ perché proviene dalla provincia di Enna e ha cantato nell’ultimo album degli Heimdall Aeneid”.

Come sono nati i brani di Resurrection?

“Il materiale non è recentissimo perché tre brani facevano addirittura parte del demo inciso nel 1998 poco prima dello scioglimento. Naturalmente le canzoni hanno subito un’importante evoluzione, sia nella loro forma principale, sia a livello di arrangiamenti prima di iniziare le registrazioni. Tutti gli altri brani bene o male sono stati scritti in questi anni e ho deciso di mettere insieme le idee in modo da creare un insieme omogeneo da un punto di vista stilistico e che si adattasse bene al concept che fa riferimento alla risurrezione vista come cambiamento dell’uomo, nel senso che moriamo e nasciamo continuamente. Questa volta ho voluto portare avanti le mie idee, senza sperimentare troppo e non modificando la direzione stilistica che avevo già delineato. Diciamo che durante le registrazioni i brani non hanno perso la loro identità originale. Alla fine tante idee sono rimaste fuori, ma anche per loro potrebbe arrivare il momento della pubblicazione, magari non tra 23 anni. Vedremo se sarà possibile, ma credo che sia sempre importante guardare verso il futuro perché a volte i sogni si realizzano”.

Quali erano le tue aspettative quando hai capito che il progetto stava per ripartire?

“Ricordo che nei mesi immediatamente precedenti alla pubblicazione del nostro primo album credevo che quell’evento avrebbe cambiato la mia vita per cui ho vissuto con forte intensità quei momenti. Resurrection è invece nato per soddisfare un mio bisogno e per il piacere di fare qualcosa per me stesso, forse in maniera egoistica, per riprendere qualcosa che sentivo mancarmi. Tutto quello di buono che arriverà sarà sicuramente apprezzato perché al giorno d’oggi nulla è dovuto. Ho deciso di riformare gli Acacia solo perché ho capito che con queste persone era possibile lasciare un segno. Le risposte che ho ricevuto fino ad ora sono tutte positive e la cosa mi fa un piacere enorme perché vuol dire che sono riuscito a trasferire le mie emozioni”.

Alla luce degli riscontri positivi che state ricevendo, se ci fosse la possibilità di tornare indietro nel tempo e ti trovassi alle prese con il primo album, cosa cambieresti?

“Come sempre col senno di poi si cambierebbero tante cose. Innanzitutto la gestione del gruppo perché se avessi avuto un po’ più di determinazione forse avrei potuto portare avanti la band e realizzare qualcosa molto tempo prima. Però la vita a volte ti porta a seguire delle strade che non sempre ti conducono alla destinazione voluta. Invece da un punto di vista musicale credo che non cambierei nulla”.

Come avviene spesso nella nostra scena, la tua musica non ti ha permesso di avere un’indipendenza economica e so che svolgi l’attività di insegnante. Qual è stata la reazione dei tuoi studenti quando hanno saputo che il loro professore suonava la chitarra in un gruppo metal?

“Quando ho iniziato a insegnare portavo i capelli lunghi e questo non veniva visto bene dall’ambiente – per usare un eufemismo – mentre, al contrario, suscitava grande ammirazione da parte dei ragazzi. Quando i ragazzi scoprono questo mio lato rimangono affascinati perché non si aspettano una passione simile da un professore e questo mio interesse mi aiuta a intraprendere con i miei studenti un rapporto molto più aperto. Comunque quando vengono a sapere che suono in un gruppo metal non ci credono … perché sono una persona molto riservata e non riescono ad immaginarmi a suonare un assolo su un palco. Ovviamente devono comprare tutti il nuovo disco perché altrimenti sanno di venire bocciati”.

Proviamo a guardare al futuro, nonostante questo periodo di forti incertezze, e vorrei chiederti se ci sono dei piani per suonare dal vivo.

“Avevamo iniziato a fare delle prove, ma il lockdown ci ha messo i bastoni tra le ruote. È un peccato perché avevamo già dei contatti per suonare in alcuni festival, sia in Sicilia sia in altre regioni, che poi sono saltati per le note vicende, ma il nostro obiettivo è sicuramente andare a suonare dal vivo, aspetto che per me è di fondamentale importanza. Se mi fossi accontentato di mettere in piedi un progetto da studio, Resurrection sarebbe uscito parecchi anni fa. Per me un gruppo ha senso se lo senti suonare, se lo puoi vedere su un palco, quindi ho impiegato tanto tempo per trovare delle persone che potessero darmi questa disponibilità. Ora questo nostro obiettivo è naturalmente in una posizione di stallo, ma ho avuto la possibilità di attivare parecchi contatti e quindi spero che una volta terminata questa emergenza ci sia la possibilità di suonare il più possibile”.

Possiamo affermare che il materiale per il terzo album è già pronto?

“(ridendo/nda) Nella mia testa si, ma è ancora troppo presto per parlarne. Valuteremo tutti insieme in un secondo momento quali saranno i passi giusti da compiere. Per il momento permettimi di ricordare ai nostri fan che sulla nostra pagina facebook  https://www.facebook.com/acaciabanditaly/ possono trovare tutte le informazioni aggiornate sulle nostre attività.

ALBUM IN STUDIO

1996 – DEEPER SECRETS

2019 – RESURRECTION

Emanuele Biani

Lascia un commento