NANOWAR OF STEEL – la nuova intervista di Rock Hard!

NANOWAR OF STEEL – la nuova intervista di Rock Hard!

A pochi giorni dalle date di luglio dell’acclamato Tour Managers Tour, abbiamo incontrato telefonicamente il temibilissimo Edoardo “Gatto Panceri 666” Carlesi.
Bassista, ideologo e membro (!) fondatore dei Nanowar Of Steel, nonché astrofisico teorico di fama mondiale, il nostro eroe ci ha condotto in una terra incantata dove “epicità” fa sempre rima con “demenzialità”.
Speriamo che questa chiacchierata, su cui ha ovviamente aleggiato una costante sospensione dell’incredulità, sappia regalarvi un antipasto degli ormai imminenti concerti del miglior gruppo heavy metal demenziale sulla piazza internazionale…

Che cosa rappresenta l’attività live per i Nanowar ?

“Ci sono varie metafore che potrei utilizzare, ma forse è meglio evitare per non incappare in qualche tipo di censura. Possiamo dire che ogni concerto rappresenta il culmine di tutta una serie di attività relative alla band: è come spingere, spingere, spingere e alla fine arrivare all’apice del godimento. È un po’ la nostra prova del nove. Ci impegniamo per mesi e mesi a produrre cazzate di ogni tipo, e poi dal vivo possiamo verificare quanto questa mole di puttanate venga recepita dal pubblico. In questo contesto finalmente capiamo quanto la gente si immedesimi nei personaggi e nelle situazioni che creiamo”.

Nell’ultimo ventennio i reality e i talent show hanno portato il livello cerebrale italiano ai minimi storici… i Nanowar cavalcano quest’onda oppure la criticano attraverso l’ironia?

“Io penso che, senza questo decadimento generale, una band come la nostra probabilmente non sarebbe mai diventata famosa. Insomma, per noi è stata una cosa buona, al punto che potremmo disegnare un grafico lineare e trovare una correlazione tra l’aumento di popolarità dei Nanowar e l’aumento del rincoglionimento popolare. Da un punto di vista correlazionale, questa coincidenza ci ha indubbiamente avvantaggiati, che poi esista un vero e proprio nesso causale non saprei dirlo, ma sicuramente è un’eventualità che meriterebbe di essere studiata in maniera più sistematica e rigorosa”.

nanowar_live

Non credi, invece, che per gustare fino in fondo il vostro universo surreale sia necessaria una solida base culturale, magari di derivazione nerd?

“Le nostre canzoni, sia su disco, sia soprattutto nel contesto live, sono un po’ come delle torte a strati. Il livello più esterno può essere assimilato alla copertura di cioccolato, che piace più o meno a tutti, e perciò la maggior parte della gente si ferma lì. Scrivi delle canzoni su Giorgio Mastrota o sul cetriolo, e ridono tutti perché non c’è bisogno di una grande intelligenza per capirle. Poi ci sono altre persone che, in quella stessa torta, vanno a scavare più a fondo e scoprono che dietro c’è tutta un’elaborazione dell’impasto o della crema, che comunque ha richiesto tempo e impegno. Quindi siamo pienamente consapevoli che, per quanta gente si rompa il cazzo già allo strato del cioccolato, esiste comunque una minoranza di persone capaci di trovare le perle che nascondiamo nei pezzi dei Nanowar”.

In questo senso, quanto è importante per voi l’espediente della citazione?

“Nell’ottica di scrivere e interpretare delle canzoni che funzionino su più livelli, le citazioni sono fondamentali. La musica è piena di citazioni, il testo è pieno di citazioni, il video è pieno di citazioni, quindi alla fine tutto diventa una grande citazione del cazzo. È un po’ come scrivere un libro formato esclusivamente da intestazioni a piè di pagina, o se vogliamo una meta-review che raccolga in modo organico dei dati presi da studi scientifici precedenti, mettendoli in relazione tra loro”.

nanowar cover

L’ultimo album Italian Folk Metal sta riscuotendo tuttora dei consensi quasi unanimi, tuttavia c’è anche chi critica una produzione persino troppo potente, alla tedesca, che renderebbe i testi meno comprensibili. Come rispondete a questa critica?

“Nell’unico modo possibile, cioè: BOH?! Sinceramente non mi pongo troppi problemi del genere, per me un disco può suonare bene o male nel suo complesso, e se quell’insieme è convincente, evito di concentrarmi sui dettagli. Onestamente non avevo mai notato che le voci rimanessero un po’ indietro nel mix, e non ho la minima idea di come dovrebbe suonare una produzione alla tedesca. Anzi, per fare tutti contenti, potremmo dire che abbiamo realizzato una produzione di tipo Lichtenstein. Parlando seriamente, molto dipende anche dal tipo di ascolto, visto che al giorno d’oggi un disco viene riprodotto da almeno una decina di dispositivi diversi tra loro, e farlo suonare bene in ognuno di essi è abbastanza difficile. Inoltre, il processo di revisione dei suoni riesce a sfracellarci le palle dopo pochi minuti, quindi cerchiamo di non perderci troppo tempo”.

La già citata Giorgio Mastrota è stata un po’ la Enter Sandman dei Nanowar, ed aver inserito nel video di dieci anni fa una parte di un vostro concerto è piuttosto eloquente…

“Questa è una delle cose che ci piace di più, durante un concerto: convincere la gente a fare delle puttanate. Nei nostri show creiamo dei momenti dedicati a balletti scemi, oppure a dei cori totalmente idioti, e l’interpretazione dal vivo di Giorgio Mastrota rappresenta l’apice di questo concetto. Quando uno esce di casa per andare ad un concerto metal, l’ultima cosa che gli passa per la testa è urlare in coro roba tipo ACCIAIO 18/10, oppure FONDO FUSO ALTO UN CENTIMETRO. Se stai andando a vedere i Blind Guardian, non puoi pensare di cantare insieme alla band un testo che parla di frigoriferi, materassi e batterie di pentole. Il nostro obiettivo, che ormai possiamo ritenere pienamente centrato, era quello di sdoganare nell’heavy metal qualcosa che nessuno aveva mai osato proporre, cioè le cazzate”.

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Avete mai pensato che, in un certo senso, state portando avanti la tradizione autoironica ed esibizionista delle primissime band heavy metal? Vi sentite, quindi, dei difensori della fede ante litteram?

“Noi siamo esclusivamente dei difensori delle puttanate. Ed è un grave errore supporre che non ci prendiamo mai sul serio. Al contrario, fare costantemente delle cazzate per noi rappresenta uno standard di serietà. È questo il paradosso dei Nanowar Of Steel”.

Emanuele Biani

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