KING DIAMOND il live report del concerto di Milano

KING DIAMOND il live report del concerto di Milano

KING DIAMOND il live report del concerto di Milano

King Diamond + Paradise Lost: il live report del concerto all’Alcatraz di Milano il 16/06/2025

Parole di Paolo Sola e Stefano Paparesta, foto di Romano Depolo

La sensazione che si respira nell’aria nel momento in cui si entra nel celebre locale milanese è quella di star per vedere un evento più unico che raro.

King Diamond non suonava in Italia da quasi vent’anni.

PARADISE LOST – di Paolo Sola

In attesa della nuova fatica in studio, in uscita a settembre, la formazione albionica ha avuto l’opportunità di accompagnare King Diamond nel suo recente tour europeo.
Un evento che ha visto le due formazioni calcare il palco milanese dell’Alcatraz.
Se l’attenzione del pubblico, come prevedibile, era riservata principalmente al cantante danese, , la curiosità per la band di Halifax non era così trascurabile.
Certo, l’accostamento ha destato qualche perplessità: il suono plumbeo e intimista dei Paradise Lost, a detta di alcuni, mal si attagliava con lo stile lugubre e orrorifico, ma soprattutto più dinamico e tagliente, dell’iconico cantante danese.
Eppure, nonostante le differenze, anche sul profilo attitudinale, il gruppo inglese ha cercato di destare l’attenzione del pubblico.

Audience che, almeno in parte, si è dimostrata ricettiva e ha saputo apprezzare l’esibizione dei Nostri.

La scaletta, nei tre quarti d’ora a disposizione, ha offerto una panoramica limitata della discografia del quintetto, che ha trascurato obbligatoriamente alcuni episodi.
Nessuna anticipazione, tra l’altro, dall’attesissimo Ascension, neanche il singolo Silence Like The Grave, pubblicato una decina di giorni fa.
L’apertura viene affidata ad Enchantment, tratto da Draconian Times, di cui, proprio in questi giorni, ricorre il trentennale.

Ma è con il secondo e il terzo brano, The Enemy e No Hope In Sight, rispettivamente da In Requiem e The Plague Within, che il pubblico inizia a manifestare maggiore partecipazione.

Un salto di oltre trent’anni ci riporta ai tempi di Shades Of God, omaggiato con Pity The Sadness, traccia rocciosa e possente.
Il pezzo smuove ulteriormente gli animi prima di dissolversi nelle atmosfere sofferte ed evocative di Faith Divides Us – Death Unites Us.
Se il frontman, senza scomporsi eccessivamente, cerca di coinvolgere i presenti, Aaron Aedy, il secondo chitarrista, sembra palesare una certa dose di entusiasmo, peculiarità pressoché assente, invece, nel bassista Steve Edmonson, statico per tutta la durata del
concerto.
Il chitarrista e compositore Greg Mackintosh, quasi sempre chino sul proprio strumento, riserva pochi sguardi al pubblico.

Il concerto prosegue con The Last Time, ulteriore citazione di Draconian Times, l’unico album presente con due pezzi in scaletta.

Le melodie del quintetto si tingono ancora una volta di sfumature fosche e introspettive in Ghosts, toccante e trascinante al tempo stesso, che strizza l’occhio a certa dark/wave, per poi eclissarsi nell’esplosiva Embers Fire.
Non poteva mancare, infatti, un riferimento al fondamentale Icon, uno degli episodi più dignificativi della discografia di Holmes &Co., nonché una delle migliori uscite in assoluto di quel lontano 1993.
La chiusura viene affidata a Say Just Words, singolo tratto da One Second, brano diretto, dinamico e ben accolto dal pubblico, sicuramente il congedo ideale.
Un’esibizione non tra le migliori di sempre, ma sicuramente di discreto livello.
I Paradise Lost, diciamolo, non potevano reggere il confronto con l’energia e la personalità travolgente di King Diamond, artista a tutto tondo ed intrattenitore nato.
Tuttavia hanno saputo districarsi nonostante l’indole più compassata e introversa, in un contesto tutt’altro che facile.
È un merito che gli va riconosciuto.

Setlist

Enchantment
The Enemy
No Hope In Sight
Pity Sadness
Faith Divides Us-Death Unites Us
The Last Time
Ghosts
Embers Fire
Say Just Words

KING DIAMOND – di Stefano Paparesta

Assistere ad un concerto del cantante danese è infatti un’esperienza totalizzante e coinvolgente su più livelli.
Oltre alla musica, sempre protagonista, è proprio la grande macchina spettacolare che King Diamond imbastisce a ipnotizzare e rapire per la sua istrionica teatralità.
A cominciare dal palco, trasformato in unaa sorta di ospedale psichiatrico gotico e decadente illuminato per lunghi tratti da luci dai toni blu.
Un’atmosfera notturna degna dei film horror della Hammer, dalle lampade ad olio ottocentesche sino ai numerosi oggetti di scena che alternano bare, oggettistica voodoo, ragnatele e inquietanti bamboline di pezza.

Il pezzo forte però è l’istrionica personalità di King Diamond e il suo personaggio che non smette di ammaliare con la sua presenza scenica magnetica.

Nonostante le sessantanove candeline spente pochi giorni fa, il frontman si carica su di sé tutto lo show a metà tra cerimoniere salmodiante e attore di teatro.
Tra movenze calibrate al dettaglio e momenti di puro intrattenimento ed esternazioni di simpatia e ironia con battute e ammiccamenti al pubblico.
Oltre ovviamente al caratteristico corpse paint che lo ha reso uno dei volti più iconici dell’heavy metal.
Chiaramente tutto questo è un aspetto complementare alla musica, vera protagonista del concerto che trova nelle trovate sceniche la dimensione ideale per portare in vita le storie horror e macabre narrate nelle canzoni.

La scaletta celebra la ricca discografia del Re Diamante ed è infarcita di classici.

In ordine sparso menzioniamo A Mansion In Darkness, Halloween, Sleepless Nights, Spider Lilly, The Candle, Eye Of The Witch, Welcome Home, Abigail.
In generale viene difficile trovare sbavature nell’esecuzione dei brani, con un Andy LaRocque sempre granitico e preciso, perfetto negli assoli quanto nelle ritmiche.
Così come una sezione ritmica di alto profilo che da la spinta necessaria a canzoni complesse, dinamiche e con molti cambi di riff.
Sulla resa vocale di King Diamond possiamo dire che egli è ancora una garanzia grazie alla sapiente alternanza tra quel caratteristico timbro basso demoniaco e l’altrettanto straziante falsetto.
Molto interessante la scelta di farsi aiutare nelle parti più alte da Hel Pyre, la quale rafforza le linee vocali più alte e difficili da raggiungere in un bel impasto di voci molto azzeccato.

Nel complesso lo show è durato all’incirca un’ora e mezza, ma la performance è così trascinante e intrattenente che sembra siano passati appena dieci minuti.

Quando le luci dell’Alcatraz si riaccendono, per il pubblico è giunta ora di congedarsi.
Traendo le conclusioni a caldo, si può dire che l’età avanzata complessiva dei membri della band è semplicemente un numero.
King Diamond è ancora desideroso di stare sul palco intrattenendo e divertendosi a sua volta.
Speriamo di non dover attendere nuovamente anni prima di rivederlo sui palchi nostrani.

Setlist

 Funeral
Arrival
A Mansion in Darkness
Halloween
Voodoo
Them
Spider Lilly
Two Little Girls
Sleepless Nights
Out From The Asylum
Welcome Home
The Invisible Guests
The Candle
Masquerade Of Madness
Eye Of The Witch
Burn
Abigail
Insanity

KING DIAMOND il live report del concerto di Milano

Valentina Salvo

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