JERRY CANTRELL il live report della data a Milano

JERRY CANTRELL il live report della data a Milano

JERRY CANTRELL il live report della data a Milano

JERRY CANTRELL + Vowws, Magazzini Generali, 01/06/2025: il live report della data a Milano

di Barbara Volpi

Perdonate vossignori, ma io il duo australiano dei Vowws me lo sono sentito da fuori per due ragioni.

L’eco che arrivava era di una musica piuttosto monotona e priva di coinvolgente verve e, in più, cosa c’entrava una band electro-darkwave con Jerry Cantrell?

Di base, non volevo inquinare l’orecchio e abbassare la tensione emotiva e comunque tanti devono averla pensata come me vista la ressa che c’era alle porte dei Magazzini Generali.

Jerry arriva sul palco con una t-shirt di Topolino, i soliti capelli lunghi biondi e il tempo pare essersi fermato.

Lui, con i suoi 59 anni suonati, sembra un ragazzino e anche noi della sua stessa generazione ci sentiamo così, in preda a una sorta di febbre regressiva.

Chi ha avuto la fortuna, per diritto di nascita, di crescere con gli Alice In Chains del magistrale duetto Staley-Cantrell non può che rinverdire i fasti dei ricordi intrisi di una magia speciale.

Mentre i nuovi arrivati (e non sono pochi), che le catene di Alice le hanno abbracciate a lutti avvenuti, si spendono in una dedizione che accarezza il mito.

L’attacco è con Psychotic Break, tratto dall’indimenticabile lavoro solista del 2002 Degradation Trip, e si capisce subito che l’acustica non è delle migliori.

Almeno dall’alto, dove io mi trovo, la voce di Greg Puciato risulta impastata e si sente poco.

La batteria compulsiva di Roy Mayorga annebbia un pochino le chitarre di Zach Thron e di Cantrell stesso.

Detto ciò, arriva subito la botta di Them Bones, con i suoi riff psicotici e ammorbati, e il pubblico va in visibilio.

LA PHOTO GALLERY DI DAVIDE SCIAKY

Le canzoni degli Alice In Chains sono ad oggi delle perle di bellezza pura, dei gioielli dove l’ombra della morte trasmuta in catarsi e rinascita.

Lo sono anche quelle dell’album I Want Blood che, a differenza del precedente Brighten che era più classic rock, sono più oscure.

Se Vilified, Afterglow, Atone e Off The Rails riverberano elettriche e ritmate, con Siren Song i toni scivolano in una mesta e densa melodia.

Seguono Cut You In, My Song e I Want Blood, tuttavia è con Man In The Box che l’audience inizia a cantare all’unisono.

Lla band, sorpresa e quasi intimidita, si fa da parte lasciando spazio alla coralità entusiasta.

C’è davvero un’atmosfera speciale, un’osmosi tra chi è su e giù dal palco che crea una forza unica.

Had To Know e Angel Eyes fanno strada a Hate To Feel, che Jerry dice essere una delle sue canzoni preferite.

Il tutto deflagra con Would?, e la vecchia struttura della venue pare venire giù, mentre i presenti sono alle lacrime (di sudore e di commozione).

LA PHOTO GALLERY DI MONICA FURIANI

La band esce dal palco per poi tornare, con Jerry acclamato con cori da stadio.

Questo ragazzo schivo, forte e delicato, musicista e compositore dal talento straordinario, che ha saputo toccare il fondo per poi risalire la china.

Come una fenice salvata dalla musica, ha la grazia tragica del sopravvissuto.

Si sorprende ancora di essere circondato da tanta devozione, lui che si è staccato dai miasmi tossici da rockstar e dice di voler semplicemente fare il suo lavoro.

Gli ultimi regali sono Held Your Tongue, Brighten e quel capolavoro di Rooster, che omaggia un padre ottantatreenne veterano del Vietnam ancora vivo.

Quanta vita Jerry è trascorsa da quel 21 agosto 1990 quando uscì Facelift e siamo ancora qua, facce vecchie e nuove, a celebrare l’esistenza che continua malgrado tutto.

Per questo ti amiamo così tanto: per le emozioni forti che sai da sempre regalarci e perché il potere taumaturgico delle tue canzoni illumina il nostro cammino.

Emanuele Biani

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